La misurazione dell’influenza di un individuo è una questione aperta.
Sul digitale questa passa dalla sindrome del numero: l’influenza sarebbe misurabile attraverso algoritmi, come il Klout score, che attribuiscono un coefficiente al soggetto, in diretta proporzione con la quantità di feedback che questi genera sui social network.
Questo fino a ieri, alla notte maledetta della finale di Coppa Italia.
Genny ‘a carogna, con una comparsata, stravolge i criteri di numerabilità dell’influenza: passa agli “onori” (tengo molto al virgolettato) della cronaca in una serata in cui, da sostanziale sconosciuto alla mainstream, diventa l’individuo più influente in campo.
Se esistesse un real score, Gennaro avrebbe il punteggio più alto.
Su Klout, invece, Matteo Renzi è ancora in testa.
Sarò breve, nel lanciarmi in una riflessione.
Io ho un Klout score che si aggira stabilmente intorno al numero 60 che, per i non addetti ai lavori, corrisponde a un profilo medio-alto.
I momenti in cui interagisco maggiormente con il mio pubblico sono quelli in cui sono meno impegnato in sessioni di lavoro e di formazione. Ho quindi tempo di sostare sul mio profilo Facebook, di twittare e di condividere i post di questo blog sul mio profilo Linkedin.
Insomma, i miei “picchi di influenza” in rete, che come professionista mi qualificano agli occhi dei miei clienti e prospect, sono paradossalmente i momenti in cui, per estremizzare il concetto, non ho un cazzo da fare. Sono, cioè, i momenti in cui la mia influenza reale sul mercato della comunicazione è estremamente ridotta da un punto di vista produttivo.
Quanto è attendibile quindi il numero, il feticcio digitale che consacra la credibilità di un professionista?
Quanto la mia digitalità è misurabile con strumenti digitali tout court?
Non esiste ancora un metodo digitale che sappia consacrare il potenziale di influenza offline, che rappresenta comunque più della metà della mia incidenza reale sui segmenti di pubblico di mio interesse.
Resta come unica bussola il concetto di appartenenza.
Nel mio caso alle aziende con cui lavoro e alla loro brand awareness.
Ma anche nel caso di Genny, affiliato all’”azienda” col più alto fatturato al mondo.